Antonio Zagaria                                                                       torna alla home page


Presentazione
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C’è chi mi chiede: “Perché scrivi? Perché l’hai scritto?”
Non so cosa rispondere.
“Ci sarà pure una ragione? Lo fai per scommessa con te stesso? Per fare soldi? Per dipanare le tue matasse
interiori?”
Messo alle strette, dico: “Scrivo perché non so cosa fare alla sera.”
Ho cominciato a scrivere perché non sapevo cosa fare alla sera.
Non mi interessa la televisione, internet mi appiattisce il cervello, ho già letto un sacco, le amicizie intriganti son
poche e la famiglia, al tempo, non c’era. Cominciai a scrivere per dare senso e dignità alle mie serate.
Poi ci ho preso gusto e ho continuato.
Scrivo in fretta, il collegamento fra mente dita tastiera è veloce, c’è silenzio attorno a casa, e c’è buio; riesco a
seguire i filoni del pensiero come fossero vene aurifere per un cercatore.
Scrivere mi fa vivere altre vite, come leggere.


Antonio Zagaria
Scrivendo mi sento concretamente immerso nei luoghi e nel clima che creo, responsabile nei confronti dei miei
personaggi e verso le vicende umane che mi sto inventando.
In quel mondo, in quell’altro mondo che è parallelo alla mia vita reale, mi sento avvolto e protagonista. Lì tutto è
diverso e io sono sbalzato in altri luoghi e tempi e modi.
E’ come in un’immersione subacquea: il mondo del quotidiano è distante, le difficoltà e le gioie si stemperano e
giungono ovattate attraversando il mezzo acquoso, lì le esperienze sono scoperte fantastiche e differenti dai
criteri usuali. Ma come in un’immersione subacquea, la fatica si accumula in poco tempo, l’ossigeno si riduce e la
mente si sfianca fino a perdere lucidità. A volte, riemergere nel mondo reale è un passaggio complicato, come se
il trasferimento da uno stato all’altro fosse un’emersione difficile e l’impatto con la concretezza causasse uno
sbandamento emotivo.
Scrivere è stato bello perché mi ha permesso di entrare negli altri, nei loro recessi segreti, nelle intimità tenute
nascoste. Quindi scrivere è stata conoscenza, e libertà. Libertà perché una creazione immaginaria può permettersi
qualsiasi evoluzione, non ha i limiti delle relazioni e neppure il necessario rispetto verso la concretezza.
Gli spunti sono venuti dalla mia e dalle altrui vite, a volte sono nati dal ritmo di una canzone, da un panorama o
da un ricordo trasformato nel tempo. Sono nati per dare senso e dignità alle mie serate, e non solo a quelle.
Di giorno ho lavorato, ho fatto il medico. E prima ho studiato e guidato i tir per un breve periodo. Ora che non
lavoro più, insegno, ed è bello, perché racconto le cose che so a dei ragazzi.
Tutto qui.
Questo libro, ‘il piccolo giallo’, l’ho scritto perché mio figlio mi ha suggerito di farlo. Forse ha colto il mio piacere
alla scrittura, in quel momento sopito, e mi ha dato un pretesto per farlo. E io mi ci sono divertito.
Spero che qualche sconosciuto possa divertirsi altrettanto, costruendosi immagini e personaggi seguendo il flusso
della propria fantasia, stimolato dalle proprie esperienze e dalla propria sensibilità.
E’ come in un’immersione: ognuno vede le cose dal proprio angolo di prospettiva e con la propria personalità.

Antonio Zagaria